Il “livello” non ha una definizione normativa. Esso tuttavia, come più volte segnalato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 1366/1961; Cass. 1682/1963; Cass. 64/1997), è un istituto di fatto corrispondente all’enfiteusi, salvi alcuni effetti secondari. E’ pertanto possibile applicare al livello, in maniera diretta e non analogica, la disciplina prevista per l’enfiteusi dal codice civile e dalle varie leggi speciali che si cono succedute nel tempo. E’, quello del livellario, quindi, un diritto reale che si esercita su un fondo appartenente ad altri che viene denominato “concedente”. Il livellario ha l’onere di pagare un canone per il godimento del fondo, e detto stesso canone assume il nome di “livello”.
In virtù dell’applicazione delle norme codicistiche dettate in materia di enfiteusi, deriva, in via di prima approssimazione, che all’enfiteuta (o livellario), oltre al diritto di possedere ed usare il fondo (salvo l’obbligo di migliorarlo e di pagare il canone), è attribuito il diritto di affrancazione, cioè il diritto di divenire proprietario dell’immobile mediante il pagamento di una somma di denaro pari a quindici volte l’ammontare del canone (art. 9 L. n. 1138 del 1970); si tratta di un diritto potestativo cui il concedente non può opporsi. A favore del concedente è invece previsto il diritto di chiedere giudizialmente la devoluzione del fondo, cioè l’estinzione dell’enfiteusi e la restituzione del bene, qualora l’enfiteuta deteriori o non migliori il fondo ovvero sia in mora nel pagamento di due annualità (art. 972 c.c.). Si ricorda tuttavia che la domanda di devoluzione non preclude all’enfiteuta il diritto di affrancare (previo pagamento della relativa somma), con prevalenza quindi di tale ultimo diritto su quello di devoluzione. Se è vero che il livellario è paragonabile all’enfiteuta potrebbe inoltre lecitamente ritenersi che anche per il livello valga l’estinzione per prescrizione per effetto del non uso ventennale.
L’assimilazione del livello all’enfiteusi comporta che il livello può essere costituito in perpetuo o a tempo ma per un tempo non inferiore ai venti anni.
Possono individuarsi tre tipologie di livello:
- Livelli costituiti su fondi localizzati in Veneto (con applicazione della Legge n. 3/1974).
- Livelli riscossi dalle Amministrazioni statali, Comuni, Università agrarie, in qualità di concedenti (applicabilità della Legge 16/1974 e della Legge 222/1985).
- Livelli concessi da enti ecclesiastici o soggetti diversi dall’amministrazione statale.
Va rilevato che nel caso di livelli costituiti su fondi localizzati in Veneto o di livelli riscossi dalle amministrazioni statali quali concedenti, in virtù rispettivamente dell’art. 1 della legge n. 3/1974, e dell’art. 1 della legge 16/1974 o dell’art. 60 della legge 222/1985, gli stessi sono stati dichiarati estinti ope legis e il diritto di livellario convertito in quello di pieno proprietario, con diritto all’aggiornamento dell’intestazione catastale.
Se invece il concedente è un ente ecclesiastico o un soggetto diverso dall’amministrazione statale, il livello deve considerarsi ancora sussistente giacchè le leggi appena menzionate nulla hanno stabilito in ordine a tale categoria di livello.
Tanto premesso, va quindi affrontata la questione di cosa accada nell’ipotesi in cui, da certificati catastali, da visure ipotecarie o da un atto di provenienza appaia la sussistenza a carico di un fondo di oneri livellari dovuti in forza di rapporti contrattuali lontanissimi nel tempo e le cui prestazioni, del pari, siano non più eseguite da tempi lontanissimi. E’ possibile la cancellazione del livello? E’ sicuro l’acquisto di un terreno gravato da livello? Quali le cautele da applicarsi?
Va innanzitutto precisato che l’approfondimento di dottrina e giurisprudenza sull’alienazione di immobili gravati da livelli parte dal presupposto che l’alienante non sia il concedente, ma lo stesso livellario. Invero, di norma, è il livellario che è nel possesso del fondo da tempo immemore ed è lui quindi che potrebbe avere intenzione di alienarlo, ritenendosene di fatto proprietario.
In tali casi la soluzione sicuramente preferibile per ottenere l’estinzione dei vincoli in questione (e la conseguente cancellazione dell’intestazione catastale) è il ricorso all’affrancazione, data l’equiparabilità tra livellario ed enfiteuta. L’affrancazione può derivare da una procedura giudiziale o più semplicemente da un accordo privato con il concedente, magari anche di natura transattiva ove, in mancanza dell’originario titolo costitutivo del diritto di livellario, non si abbia certezza sull’originario ammontare del canone.
Il vincolo derivante dall’imposizione del livello, per l’opinione assolutamente prevalente, ha natura di obbligazione propter rem e pertanto è senza dubbio opponibile all’acquirente. Ciò significa che chi acquista il fondo dal livellario è comunque tenuto al pagamento del canone nei confronti del concedente. L’obbligazione di pagamento del canone “segue” il fondo, chiunque diventi il livellario.
La dottrina e la giurisprudenza si sono soffermate sulla prescrittibilità del diritto del concedente ad ottenere il pagamento del livello. L’opinione assolutamente prevalente propende per la negativa, nel senso che non può prescriversi il diritto del concedente (assimilabile al diritto di proprietà) ad ottenere il pagamento del livello. Quindi nel caso in cui il livellario, o i suoi eredi o aventi causa, abbiano continuato a possedere il fondo, senza tuttavia pagare il canone per più di venti anni, il diritto del concedente di ricevere il canone non si prescrive, trattandosi di una facoltà, perpetua, inerente il diritto di proprietà del concedente.
Più precisamente, in merito alla prescrittibilità del livello quale prestazione periodica, occorre distinguere tra obbligazione delle singole annualità scadute e obbligazione del canone nel suo complesso. Mentre la prima, essendo personale, è soggetta alla prescrizione quinquennale (art. 2948 n. 4 c.c.), la dottrina ritiene la seconda imprescrittibile, in quanto strettamente connessa con il diritto del concedente.
Poiché il diritto del concedente non si estingue per non uso, il mancato pagamento del canone, benchè protratto per venti anni, non può estinguere il diritto del concedente alla sua percezione.
Dal canto suo il livellario, naturalmente, non diventa proprietario per il solo fatto di non aver pagato il canone, mentre può usucapire il dominio diretto purchè abbia mutato il titolo del suo possesso (interversio possessionis) e in presenza degli altri presupposti di legge (passare del tempo, possesso continuo ed ininterrotto e così via).
E’ anche possibile immaginare l’usucapione del diritto di piena proprietà da parte del concedente, quando ricorrano i presupposti di legge.
L’acquisto del diritto del concedente (liberamente trasferibile senza consenso del livellario) è certamente più sicuro dell’acquisto del diritto di livellario. Acquistando il diritto del concedente si acquisisce anche il diritto al pagamento del canone riferibile quantomeno all’ultimo quinquennio. Il problema però è che si resta astrattamente esposti al pericolo dell’affrancazione, diritto, questo, del livellario di natura potestativa e quindi non ostacolabile da parte del concedente, che, in questo caso ha solo diritto ad ottenere la somma dovuta a titolo di affrancazione.
Si è detto che nel caso di alienazione del diritto del concedente, il livello rimane esistente e non può escludersi l’esercizio di un futuro diritto di affrancazione da parte del livellario. Tuttavia va rilevato che nella maggior parte dei casi non è dato rinvenire il titolo costitutivo del rapporto, laddove – come confermato dalla giurisprudenza (Cass., n. 4197 del 1982) – colui il quale richiede l’affrancazione del fondo in enfiteusi è tenuto a dimostrare la propria qualità di enfiteuta fornendo la prova dell’esistenza del titolo costitutivo a proprio favore ovvero, nella fattispecie di atti di successione inter vivos o mortis causa, che il diritto sia a lui pervenuto attraverso una serie ininterrotta di trasferimenti. Sembra quindi del tutto insufficiente la mera risultanza catastale.
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