Con un recente provvedimento normativo il legislatore ha introdotto il divieto per l’agente della riscossione tributi di pignorare la prima casa di abitazione in presenza di alcune condizioni. Il D.L. 21 giugno 2013 n. 69 (cosiddetto “decreto del Fare”) con l’art. 52 comma 1, lett. g), – convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 – ha infatti modificato, con decorrenza dal 22 giugno 2013, il D.P.R. n. 602 del 1973, al suo art. 76 che oggi, ai primi due commi, recita così:
“Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione:
I comma: a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 (ville) e A/9 (castelli), è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente; a-bis) non dà corso all’espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti «beni essenziali» e individuato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze d’intesa con l’Agenzia delle entrate e con l’Istituto nazionale di statistica; b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.
Si inibisce dunque l’espropriazione concernente l’unico immobile di proprietà del debitore, alle seguenti condizioni:
– che l’immobile sia adibito ad uso abitativo;
– che il debitore vi abbia stabilito la residenza anagrafica.
Dall’impossibilità di procedere all’espropriazione sono però escluse le abitazioni di lusso e i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9.
Per gli altri immobili di proprietà del debitore (e cioè quelli ad uso non abitativo o abitativi di lusso o abitativi ma senza residenza anagrafica), rimane ferma la possibilità del pignoramento ma è stato innalzato il limite del credito per poter attivare il procedimento esecutivo. Tale limite, prima pari ad euro 20.000, oggi è pari ad euro 120.000.
In ogni caso poi l’azione esecutiva può essere avviata solo ove vi sia stata pregressa iscrizione dell’ipoteca esattoriale (così è detta l’ipoteca derivante dal mancato versamento di tributi) e siano decorsi almeno 6 mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.
Si rammenta tuttavia che l’iscrizione dell’ipoteca esattoriale è ammessa altresì in difetto delle condizioni per procedere all’espropriazione immobiliare, purché l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a 20.000 euro. Quindi, in ipotesi, potrebbero esservi casi di iscrizioni ipotecarie cui non potrebbe tuttavia seguire il pignoramento e l’epropriazione forzata.
In tali circostanze, l’ipoteca iscritta consentirebbe comunque all’Agente di impedire che siano pregiudicate le proprie ragioni creditorie in ipotesi di vincoli reali istituiti sul bene da parte di altri creditori, di acquisire un diritto di prelazione sul ricavato della vendita conseguentemente all’esproprio promosso da altri e di assicurarsi il diritto di sequela nel caso in cui l’immobile sia oggetto di trasferimento.
Ed infatti, nonostante in tali casi sia inibito all’agente della riscossione la possibilità di procedere a pignoramento, lo stesso potrebbe tuttavia intervenire nella procedura esecutiva promossa da altri creditori, facendo salva la norma “la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile”.
E’ sorta questione sulla retroattività della norma o comunque sulla sua applicabilità ai procedimenti esecutivi pendenti alla data della sua entrata in vigore. Il Ministero dell’Economia però con una nota del maggio del 2014, aveva affermato che la norma in questione non avesse effetto retroattivo e che, pertanto, tutti i pignoramenti effettuati prima del 22 giugno 2013 dovevano considerarsi validi ed efficaci.
Intervenendo sul punto, la Corte di Cassazione invece, con sentenza n. 19270 del 12 settembre 2014, con un evidente favor per il contribuente, ha precisato che la norma si applica anche alle procedure pendenti con la conseguenza che, in presenza delle condizioni per l’impignorabilità della prima casa, la trascrizione del pignoramento già effettuata va cancellata e la procedura esecutiva non può più proseguire.
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